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martedì 5 luglio 2016

Linguaggio del Corpo



Fa parte della comunicazione non verbale. In quest'ambito si interpretano, ai fini 
dell'interazione sociale, postura, gesti, movimenti, espressioni e mimica che accompagnano o meno la parola rendendo la comunicazione umana più marcata, ancora più chiara e comunicativa. Attraverso il linguaggio del corpo si riesce a conoscere l'individuo nella sua interezza ed interiorità, sia che si usino o meno alcuni gesti o che si compiano determinati movimenti. La mimica, in generale, rivela i pensieri e le intuizioni altrui più delle parole.

Il primo linguaggio studiato è stato quello facciale, infatti l'opera più importante pubblicata prima del 
'900, è stata quella di Charles Darwin del 1872 "The expression of the emotions in Man andAnimals".

Da qui molti studiosi si sono interessati all'argomento e primo fra tutti a confermare lo studio di Darwin è stato Paul Ekman, che ha dedicato molti anni allo studio della mimica facciale. Egli ha dimostrato che alcune emozioni come la rabbia, tristezza, felicità, sono uguali e condivise da tutti in modo uguale, siano essi appartenenti o meno a culture differenti. Secondo Ekman, attraverso le emozioni del volto si riesce a captare se le espressioni sono sincere oppure no; infatti nel suo libro
 " I volti della Menzogna", parla di poter avere almeno tre chiavi
 per leggere le emozioni del volto e per capirle:
Asimmetria, perché nelle espressioni facciali sono coinvolte asimmetricamente le due metà del viso, in quanto su una metà l'espressione è più intensa che nell'altra;
Tempo, in quanto l'espressioni sincere durano pochi attimi (all'incirca 1/10 s), mentre se vi è 
un'espressione "tirata", che dura più di un secondo, 
questa è una probabile falsa emozione, eseguita volontariamente;
Collocazione, nel discorso, la mimica accompagna le parole se posticipata o anticipata, non rispecchia la reale espressione verbale.Per esempio: se una persona è arrabbiata e accompagna l'espressione di rabbia in relazione alle parole vuol dire che la persona è realmente arrabbiata; se i gesti di rabbia vengono dopo le parole si denota che probabilmente la persona non è così in collera come vorrebbe far credere.

Il linguaggio del corpo è costituito anche da gesti che si differiscono da cultura a cultura e da gesti che cambiano con l'evolversi dell'età dell'uomo. I gesti che variano da cultura a cultura sono quei gesti che col tempo sono diventati come una sorta di esperanto, ma che in alcune culture assumono un significato diverso.

Il segno dell'"OK", ha assunto col tempo il significato di Okay, "tutto bene", in tutti i paesi di lingua 
inglese, in Europa e in Asia, tuttavia permangono alcune zone come ad esempio la Francia in cui il 
segno "OK" assume il significato di "zero" o "niente". Ha infatti origine da un segnale che al termine di uno scontro di guerra serviva a comunicare a distanza "zero kills"cioè "zero uccisioni"; in Giappone vuol dire "soldi".

Il pollice in su, in Australia, Inghilterra e Nuova Zelanda ha più di un significato, vuol dire: Ok, segnale di autostop o insulto, mentre in Grecia è prevalentemente usato in senso dispregiativo.

Il segno della "V", è stato diffuso durante la Seconda Guerra Mondiale da Winston Churchill in segno di "vittoria", mentre in alcuni paesi europei tale segno indica il numero due, 
mentre in altri è un segno di offesa.

Ci sono poi gesti che si modificano con l'evolversi dell'età dell'uomo, ne è un esempio il gesto fatto da un bambino che dice una bugia, tendendo a coprire la bocca con le mani; nell'adolescente il gesto 
cambia, la mano sfiora con le dita la bocca; nell'adulto il gesto diventa più evoluto e raffinato la mano infatti, sfiora il naso.

Il linguaggio del corpo ha una propria grammatica pertanto va letto e interpretato rispettando tutta una sintassi composta da parole, frasi e punteggiatura.

Ogni movimento è come una parola, cioè assume un significato diverso a seconda dell'uso che se ne fa in una "frase" per cui, nell'analizzare il gesto va tenuto presente 
soprattutto il contesto in cui si esplica. 

"Percettivi" significa saper interpretare e capire il gesto con tutte le sue sfumature compreso il contesto. 

Lo sfregare le mani, ad esempio, può avere un duplice significato. Fatto in una gelida giornata significa che quella persona ha freddo; lo stesso gesto invece, fatto da una persona mentre esprime un desiderio piacevole, risulta sinonimo di gioia, allegria e di aspettativa positiva.Oltre al contesto, bisogna tener presente anche lo spazio che il corpo occupa e con il quale comunica. Ognuno di noi possiede la sua "bolla d'aria" ciò dipende e dall'area in cui una persona è cresciuta (alta o bassa intensità di popolazione) e dalla cultura occidentale o orientale. Ad esempio nella cultura orientale dove vi è un'alta densità di popolazione e gli spazi sono ristretti le distanze sono più ravvicinate mentre noi occidentali, che viviamo in ambienti aperti amiamo mantenere le distanze. Infatti la nostra "bolla d'aria" riferita alla popolazione bianca che vive in Australia, Nuova Zelanda, Regno Unito ed America Settentrionale si divide in:

Area intima intesa come area che può essere occupata solo da persone con le quali si condivide un 
rapporto intimo (amici, genitori, innamorati ecc...);
Area personale intesa come distanza che ci separa dagli altri (in un contesto quale riunione di lavoro, 
uscite, feste ecc...);
Area sociale ovvero la distanza fra noi ed un estraneo;
Area pubblica cioè quella distanza che scegliamo di avere in un contesto pubblico.

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domenica 3 luglio 2016

Il Gene della Parlantina


E' il dna a decidere quanto sei socievole

Un nuovo studio sostiene che le nostre relazioni dipendono da un gene che regola la produzione di 
ossitocina, il famoso "ormone dell'amore". 

TUTTI ABBIAMO alcuni amici un po' più scontrosi ed altri che invece dimostrano una spiccata tendenza alla socialità. Prerogative che potrebbero essere frutto di una precisa caratteristica genetica, almeno secondo quanto sostiene un team guidato dal Brian H,
 psicologo dell'Università della Georgia. 

L'equipe, infatti, ha annunciato una scoperta interessante e singolare: l'esistenza di un gene, 
scherzosamente battezzato da alcuni come "gene della parlantina", che regola la nostra capacità di 
intrattenere relazioni sia di tipo amichevole, sia affettive. Lo studio che ha raggiunto questa conclusione ha evidenziato che chi possedeva una quantità minore di ossitocina, ormone prodotto proprio dal gene individuato, aveva più difficoltà a riconoscere le espressioni facciali e manifestava anche una maggiore ansia nei rapporti di coppia.

Una ricerca, condotta monitorando 129 persone, che rientra nel campo dell'epigenetica, quell'area che studia le modifiche in grado di essere ereditate senza che cambi il DNA (in altre parole i cambiamenti che condizionano il fenotipo, ma non mutano il genotipo). Aspetto interessante di questa branca della 
biologia è la sua reversibilità, anche in considerazione 
dell'influenza esercitata dall'ambiente circostante. 

In virtù di ciò è stata indicata come la spiegazione del perché i bambini cresciuti in ambienti in cui era possibile confrontarsi con molte persone, da adulti hanno sviluppato una vita sociale più piena.
Lo studio in particolare ha evidenziato che un singolo gene, chiamato OXT, è responsabile della 
produzione dell'ossitocina, conosciuta anche come "l'ormone dell'amore" e già oggetto di numerose 
attenzioni in passato. Perché da tempo è stato evidenziato un suo ruolo decisamente complesso nel 
corpo umano e l'influenza che sviluppa sull'umore, la paura o la fiducia, ma finora si avevano poche 
informazioni su quanta capacità avesse di condizionare i comportamenti sociali.

Durante la ricerca sono stati effettuati test genetici su campioni di saliva dei partecipanti ed è stata 
misurata la loro predisposizione ai rapporti sociali. Nel dettaglio, alle persone, dopo aver visionato dei video con volti di individui che inizialmente avevano un'espressione neutra e solo in un secondo 
momento la trasformavano in un'altra in grado di comunicare un'emozione, è stato chiesto di premere un pulsante appena compresa la sensazione manifestata dagli attori in video. La prova ha evidenziato che chi possedeva una limitata quantità di ossitocina descriveva
 l'emotività degli altri con minore precisione. 

Inoltre, una seconda parte della ricerca ha previsto la realizzazione di scansioni del cervello (RMF) per esaminarne le reazioni, sempre durante i test. Il risultato è che coloro che producono poco ormone dell'amore, sono caratterizzati da una vivacità ridotta nelle zone legate all'attività sociale.
Insomma, i vari esami concordano sull'importanza del gene OXT e dell'ossitocina da esso regolata per quanto riguarda i comportamenti di ogni individuo nelle relazioni con i propri simili. Al tempo stesso gli studiosi sottolineano che si tratta solo di risultati preliminari che necessitano di ricerche molto più approfondite, nella speranza di capire bene i processi osservati. Aspetto decisivo per aiutare, mediante l'utilizzo di farmaci mirati, tutte quelle persone che sono portatrici di disturbi, come l'autismo, che fanno riferimento alla sfera sociale.

Infine, lo studio ha interessanti risvolti anche in altri ambiti, perché i dati ottenuti possono fornire 
indicazioni sull'evoluzione del comportamento umano, in relazione all'importanza che la vita sociale ha ricoperto in una specie come la nostra. E', infatti, indiscutibile che l'evoluzione sia passata anche dalla capacità dell'uomo di costruire delle alleanze, da cui sono nati gruppi più uniti e forti, in grado di svolgere attività sempre più complesse. Afferrarne le basi biologiche rappresenterebbe un ulteriore 
passo avanti nella comprensione del cammino compiuto dagli albori della civiltà fino ad oggi.

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IL LINGUAGGIO
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venerdì 1 luglio 2016

Linguaggio come mezzo di Espessione


Secondo studi recenti al mondo esistono tra le 6000 e le 7000 lingue differenti. 
Che differenze ci sono tra lingua parlata e lingua scritta?

La lingua è il mezzo di comunicazione che permette la reciproca comprensione tra gli uomini 
appartenenti a un determinato gruppo sociale. Perchè questa comprensione sia possibile però è 
necessario che chi parla e chi ascolta usino lo stesso sistema di segni, cioè che attribuiscano a un 
suono lo stesso significato.


La lingua è un istituzione sociale convenzionale, nella quale si distinguono due momenti:

- nel primo momento si ha la traduzione, da parte di chi parla, in simboli fonici del concetto o dell'idea che vuole comunicare;
- nel secondo sia ha la decodifica del suono dal suono da parte di chi ascolta, che dalla percezione dei simboli fonici ricrea lo stesso concetto e la stessa idea.


Questa corrispondenza tra suono e significato è convenzionale: non c'è nessuna ragione naturale 
perchè i concetti "pane" oppure "camminare" debbano essere espressi con questa particolare 
combinazione di suoni, tanto è vero che gli stessi concetti sono espressi in maniera differente a 
seconda della lingua parlata.

Una stessa lingua può presentare vari aspetti a seconda delle particolari esigenze per cui viene usata: 
si hanno così una lingua corrente, che viene impiegata per gli usi quotidiani nella comunicazione tra le persone, una lingua letteraria, usata per particolari fini letterari o per comunicare con determinati 
ambienti sociali, varie lingue tecniche, impiegate in vari campi per specifiche attività (medici, avvocati, notai, ecc..) e varie lingue espressive,
 come il linguaggio familiare o i gerghi e dialetti locali.


Solitamente esiste differenza tra lingua parlata, condizionata dalla cultura e dalle particolari condizioni dell'individuo, e la lingua scritta, più regolata e conservatrice.

Sono dette lingue internazionali quelle che si impongono come mezzo di comunicazione fra popoli 
diversi. Nell'antichità tale ruolo è stato svolto dal greco nel Mediterraneo Orientale e dal latino in quello Occidentale. Il latino ha conservato questa funzione anche nel Medio Evo e nel campo della scienza fino al XVIII° secolo.


Le lingue utilizzate nei rapporti ufficiali fra Stati diversi, nelle quali sono redatti gli atti diplomatici, si chiamano lingue diplomatiche. Nel mondo moderno hanno svolto questa particolare funzione:

- XV° e XVI° secolo, l'italiano;
- XVI° e XVII° secolo, lo spagnolo;
- XVIII e XIX° secolo, il francese;
- dal XIX° secolo, l'inglese.


In varie epoche ci sono stati anche dei tentativi di costruire artificialmente mezzi di comunicazione 
veramente internazionali, su base puramente astratta (lingue totalmente artificiali) o sulla base di una o più lingue esistenti. Nel primo caso ci sono stati i tentativi di personaggi illustri come Bacone, Cartesio e Leibniz. Del secondo caso fanno parte l'interlingua, il volapuk e l'esperanto, che è stata l'unica ad avere avuto un certo seguito.

IN ITALIA CI SONO QUATTRO TIPI DI LINGUAGGIO. 
TRE INNOCUI E UNO PERICOLOSO. 
Gli spacconi italiani sono diventati maschere buone per cinema, teatro, tv, narrativa. I più riconoscibili sono senza dubbio quattro, ben definiti, emblematici. IL ROMANO è tutto riassunto nell’americano a Roma di Sordi. 
Spaccone a vanvera, progetta mirabilie che naufragano miseramente. 
Di fatto è solo un “cazzaro”. 
IL MILANESE. 
Non importa che sia il “cumenda con la fabricheta” o un disoccupato al bar. E’ un “bauscia” per natura, esagera, esibisce conoscenze, vacanze da "suogno", imprese epiche. Ridicolo IL SICILIANO. E’ il famoso “sperto” che sa tutto di ogni cosa. Spiega sia i buchi neri dell’universo sia gli intrecci politici, del mondo come del suo quartiere. Sa tutto e non sa niente. IL TOSCANO. E’ svelto di lingua, battuta pronta, irridente, pacca sulla spalla, beffardo. Millanta e promette cose irrealizzabili. Il suo modo di fare è spesso suadente, convincente. 
Se diventa capo di governo però può essere molto pericoloso.

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