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domenica 11 ottobre 2015

Leggi e Vendi



Vai in edicola, compri il tuo quotidiano preferito, lo leggi. Poi torni nella stessa edicola e lo riporti: ti verrà restituito il 50% di quanto hai speso per pagarlo. E’ una iniziativa di protesta degli edicolanti aderenti ai principali sindacati di categoria ( Sinagi Cgil, allo Snag e all’Usiagi Ugl), che per questo hanno deciso di lanciare l’operazione “Leggi e Vendi”.

L’operazione non vale solo per il quotidiano e i tempi di restituzione dipendono dal prodotto: il quotidiano va reso entro le 13 il  settimanale entro due giorni e il mensile entro una settimana. Il giornale restituito torna di proprietà dell’edicolante che può rivenderlo a metà prezzo. E quindi, dopo le 13, il lettore può scegliere di acquistare un quotidiano di seconda mano.

Sulla carta è un’operazione di marketing per dare impulso al mercato delle edicole e avvicinare gli italiani alla lettura. Ma non è difficile cogliere nell’iniziativa anche una provocazione nei confronti degli editori e della distribuzione, accusati dagli edicolanti di non tenere in alcun conto i problemi della rete di vendita. Tra l’altro negli ultimi anni per l’effetto della crisi centinaia di edicole hanno cessato l’attività.
“Nel deserto di idee che dilaga dagli editori alla distribuzione, al governo è un modo concreto per trasformare gli edicolanti in concreti piccoli imprenditori”, afferma Armando Abbiati, presidente dello Snag. “Del resto anche la legge ci consente di praticare degli sconti. Quindi, il rivenditore potrà scegliere quale testata includere di volta in volta nell’operazione LeggieVendi. Ma non n questo modo pensiamo di contribuire ad aumentare il lettorato, facendo felici anche gli inserzionisti pubblicitari e gli stessi editori”. Sulla stessa linea Giuseppe Marchica, segretario del Sinagi Cgil, afferma che LeggieVendi “spingerà il pubblico a leggere di più e rientrare in edicola”. “Di certo”, aggiunge, “sarà più efficace di operazioni, tipo cut prize, servite soltanto a deprezzare il prodotto”.

In realtà gli edicolanti con l’operazione non ci rimettono. I giornali invenduti, infatti, a fine giornata vengono resi ai distributori evitando così una perdita che sarebbe insostenibile per una categoria di lavoratori che ha un margine di guadagno ridottissimo
 e che paga più di tutti la crisi cronica del settore editoriale.

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mercoledì 7 ottobre 2015

Mondadori si Compra Rizzoli



Mondadori compra Rizzoli

RCS, come usa da anni, pubblica con marchi diversi, ottenuti per via di acquisizioni (Rizzoli, BUR,
Bompiani, Fabbri, Sansoni, La Nuova Italia, Marsilio, Sonzogno, Archinto, Etas, Adelphi, Skira, Lizard e Rizzoli International); Mondadori a sua volta oltre che col marchio omonimo, pubblica con i marchi Einaudi, Piemme, Sperling, Electa, Edizioni EElle.

Se acquisto ci fosse, Mondadori avrebbe una quota di mercato molto molto grande. Accanto a
Mondadori resterebbe il Gruppo GeMS, che pubblica con i marchi Bollati Boringhieri, Chiarelettere,
Corbaccio, Garzanti, Guanda, La coccinella, Longanesi, Nord, Ponte alle Grazie, Salani, Tea, Vallardi.

C’è grande preoccupazione fra chi segue le cose di editoria. Come mai?
La prima ragione immediata è che se in una gabbietta mettiamo un gatto gigante e un passero,
insomma il passero mica se la passa bene. Poi c’è il fatto che in Italia la distribuzione dei libri (chi
prende i libri da una casa editrice e li dà alle librerie) è pressoché interamente in mano a Messaggerie, che è controllata da GeMS. Aggiungiamo che Mondadori ha una sua catena di librerie molto estesa e si vede che insomma, tutto si gioca fra due-tre persone.

Questo fa impressione.
Le piccole e medie case editrici, proprietarie solo del loro marchio omonimo, le librerie indipendenti,
proprietà cioè di chi le gestisce, si sentono molto passero che a mala pena riesce a respirare mettendo
il becco fra le sbarre ma angosciato dall’incubo che il gattaccio a un certo punto si sdrai e lo soffochi.

Il punto è la gabbia.
Siamo tutti, quei pochissimi noi che s’interessano alle cose di editoria, legati all’idea molto
novecentesca che la piccolissima casa editrice che pubblica sei titoli l’anno raffinatissimi e in cento
copie e la gigantesca casa editrice che pubblica libri-gadget in centinaia di migliaia di copie facciano, in fondo, lo stesso mestriere.

Così siamo legati all’idea che la libreria indipendente, di quartiere o di paese, con un forte legame col suo bacino d’utenza, che tesse rapporti quotidianamente con i propri clienti e che quotidianamente cura il mercato al quale si rivolge, faccia lo stesso mestiere di un mega-store nel centro città tutto orientato a intercettare i flussi del passeggio facendo il più possibile inciampare un pubblico distratto nella pletora di merce varia che raccoglie entro i suoi muri.

Forse bisogna iniziare a pensare che gatto e passero fanno due mestieri differenti e che nella stessa
gabbia non ci possono stare. Il passero, per continuare questa simpatica metafora, però ha un
vantaggio: se si stira si schiaccia si stringe forse dalla gabbia esce, il gatto no, può solo ingrassare sino a riempirla tutta, ma uscirne non riesce.

Una volta fuori il passero ooooooh ommiodddiooo ma c’è tutto un mondo!

Così a occhio, che questa acquisizione si faccia o non si faccia, non cambierà molto. Non si farà oggi, non si farà domani, la si farà comunque e anche GeMS, che già non perde occasione di ribadire quanto sia bello e indipendente -non si capisce perché- a un certo punto s’intreccierà, si fonderà e ci sarà un solo megagattone che sarà proprietario di tutta una gigantesca e pletorica macchina che controllerà tutta la gabbia.
La cosa, vista da dentro la gabbia, può avere un senso: l’unico modo che il gattone concepisce per la
crescita è l’occupazione degli spazi, non è cattivo, è pigro -beh poi sì certo è anche terribilmente
infantile come tutti quelli che si occupano non di merci ma di finanza.

E il passero?
Beh il passero una volta fuori, ripreso fiato per lo scampato pericolo, bevutosi un cordiale per farsi
coraggio, ha tutto un mondo da esplorare e un vantaggio che il gattone non avrà mai: uno spazio
gigante.

Fuor di metafora qui si vuol dire che se si prova a guardare alle cose di editoria mettendosi in
prospettiva da qualche anno fa, osservando il presente e provando a immaginare il futuro, forse si trova ragione di speranza non nell’inseguimento dell’idea ormai disastrosa che essere piccoli (piccole case editrici, piccole librerie) sia un passaggio un po’ goffo per diventare grandi, bensì nell’idea che essere piccoli sia, in sé, una straordinaria occasione, che permette cose che ai grandi sono impossibili.

Ci sono cose che se non sei grande non puoi fare e ci sono cose che se non sei piccolo non puoi fare.

Quando i grandi cercano di fare cose da piccoli, fanno disastri, e viceversa.

Che senso ha che io lettore vada nella mia libreria di quartiere a comprare un libro Rizzoli o Mondadori quando in un secondo lo compro su Amazon? Che senso ha che io libreria di quartiere che già pago un affitto assurdo occupi del mio spazio per tenere un libro che si va a comprare in centro così come si va da H&M, facendo un giro? Perché io scrittore che non scrivo di vampiri innamorati dovrei cercare di pubblicare da un editore gigante?
Insomma anche lasciando da parte le varie retoriche del piccolo è bello piccolo è resistente piccolo è
Golia, semplicemente si vuol dire che bisognerebbe forse tutti ripartire dall’idea che i mestieri sono
diversi, sono diversi i pubblici, il mercato, e le intenzioni.



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